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Tassa di soggiorno in Italia

tassa di soggiorno

Quante volte hai sentito parlare di tassa di soggiorno da applicare sulla tariffa di permanenza inferiore ai 30 giorni di un ospite presso un hotel o una struttura extra-alberghiera come bed & breakfast, casa vacanze o affittacamere? Ma che cos’è? Di che cosa si tratta? E soprattutto come si paga?

Dal 2018, secondo la Legge sul Federalismo fiscale del 2011, è stato disposto che questa imposta di soggiorno venga pagata dai turisti in 840 Comuni italiani da Nord a Sud. In pratica, diverse città sono autorizzate a chiedere un contributo turistico a tutti coloro che soggiornano a breve termine in una qualsiasi struttura alberghiera ed extra presente sul territorio.   

L’imposta in oggetto viene stabilita direttamente dal Comune di riferimento, che a sua volta ha facoltà di deciderne l’importo e le modalità di applicazione.

I Comuni non sono obbligati a far pagare tale “obolo” ai propri turisti e possono decidere se applicare la tassa di soggiorno soltanto ad alcune categorie di strutture ricettive e in alcuni periodi dell’anno, come l’alta stagione.

Che cos’è la tassa di soggiorno?

Attraverso il Decreto Legislativo n.23 del 14 marzo 2011 è stato deliberato che i Comuni italiani possono applicare una tassa di soggiorno ai turisti che alloggiano temporaneamente nel loro territorio. Si tratta di un’imposta vera e propria, detta anche “tassa turistica”, che deve essere corrisposta alla struttura interessata da ogni persona, per ogni notte di permanenza nella località.

Questo contributo è previsto sia per le città italiane e sia per le città straniere di maggior interesse artistico-culturale e ha un valore variabile in base al Comune o al Paese di riferimento.

La tassa di soggiorno viene addizionata al costo della camera, non può essere scorporata e viene riscossa dalla struttura ricettiva quale che sia: albergo, bed & breakfast, ostello, campeggio o casa vacanze, che a sua volta è tenuta a corrisponderla al Comune di interesse.

Il denaro raccolto da questa tassa, verrà utilizzato dalle autorità municipali di competenza, per finanziare opere di ristrutturazione, conservazione e riqualificazione del proprio patrimonio culturale e territoriale.

Come e dove si paga la tassa di soggiorno?

Generalmente, in Italia, l’importo della tassa di soggiorno varia da 1 a 5 euro per persona al giorno. L’imposta di soggiorno deve essere pagata dall’ospite direttamente alla struttura in cui alloggia. Tuttavia esistono portali di prenotazione online, tra cui Airbnb, che hanno ottenuto un accordo con alcuni Comuni d’Italia, come per esempio Milano, Genova, Napoli e Bologna, per riscuotere e inviare l’imposta di soggiorno contemporaneamente all’atto della prenotazione. Le tasse locali infatti vengono mostrate automaticamente al momento del pagamento. Diversamente la tassa deve essere pagata in loco all’host, al momento del check-in o del check-out.

Il contributo può essere pagato in contanti o con carta bancomat/di credito direttamente al proprietario, che a sua volta deve rilasciare una ricevuta relativa alla tassa turistica oppure inserire l’importo (indicandolo come esente IVA) nella fattura di soggiorno. I Comuni ospitanti hanno anche la facoltà di decidere in modo autonomo la durata dei giorni in cui far pagare l’imposta turistica.

Ecco un breve elenco dei Comuni ad alta densità turistica e relativi importi dell’imposta di soggiorno:

Una tassa in crescita

Facendo un piccolo passo indietro negli anni e più precisamente nel 2011, in Italia, erano solo 13 i Comuni che applicavano l’imposta di soggiorno ai turisti. Nel corso del tempo, sempre più sindaci hanno preso maggiore consapevolezza di questo strumento, decidendo di sfruttarlo a favore della Comunità Territoriale. Questo perché si tratta di una tassa utile e intelligente, che ha un impatto pari a zero sulle tasche dei cittadini del Comune ospitante. Pertanto, nel 2018, il numero delle città che hanno deciso di applicare il tributo turistico è salito esponenzialmente a 840, favorendo un gettito fiscale di circa 460 milioni di euro.

Tassa di soggiorno: chi paga e chi no

Come abbiamo visto, tutti i turisti che pernottano presso hotel, bed & breakfast, case vacanza, ostelli, agriturismi, camping, sono tenuti a pagare la tassa di soggiorno alla struttura ospitante, laddove il Comune di appartenenza abbia adottato tale imposta.

Ma esiste chi è esente dal pagamento di questo tributo?

Ebbene sì e solitamente i soggetti “non tassabili” sono:

Per usufruire dell’esenzione, è necessario certificare con un documento la propria appartenenza a una delle categorie citate sopra o presentare un’apposita certificazione medica che attesti le generalità dell’infermo con periodo di riferimento del ricovero o delle prestazioni sanitarie.
L’accompagnatore dovrà anche dichiarare che la permanenza presso la struttura ricettiva è finalizzata all’assistenza sanitaria del soggetto degente o disabile.

Curiosità: come funziona all’estero?

Negli altri paesi europei la tassa di soggiorno può dipendere da vari fattori. In Germania per esempio l’imposta si calcola in base alle tariffe della struttura ricettiva.

Tra le più care in Europa vi è l’Olanda, che ha aumentato l’imposta nell’ultimo anno di un 2%. 
A New York invece la tassa è di 3,50 dollari a notte e si paga per abitazione e non per persona.

Chekin App: novità in arrivo

La riscossione della tassa di soggiorno è un altro degli aspetti da tenere in conto per chi gestisce una struttura ricettiva, oltre all’obbligo, già visto in precedenza, di registrare gli ospiti sul Portale Alloggiati Web  e sul portale ISTAT regionale. Chekin a breve offrirà ai propri clienti, tra i vari servizi, la possibilità di calcolare la city tax tramite la app.

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